Viaggio all’interno del teatro Nō (settima parte)

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5. L’interesse di Paul Claudel per il teatro

Figlio di un alto funzionario di provincia, fratello minore della pianista Louise e della scultrice Camille, Paul Claudel cresce a Villeneuve-sur-Fère, dove nasce nel 1868, per trasferirsi con la madre e le sorelle a Parigi all’età di quattordici anni. Vi resta fino al 1892: studia così al liceo e poi alla École libre des sciences politiques. Inizialmente scientista e materialista, si converte al cattolicesimo durante i vespri a Notre-Dame a Natale 1886, ascoltando per caso il Magnificat intonato dai giovani coristi della chiesa (i pueri cantores). Contemporaneamente, scopre una raccolta di poesie di Rimbaud, le Illuminations: l’influenza di quello che lui stesso definisce “mystique à l’état sauvage” è evidente in tutta la sua futura opera teatrale.

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Una impossibile storia d’amore: recensione a “Suite francese”

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Suite francese

(tit. orig.: Suite française)

(Regno Unito – Francia – Belgio; 2014)

Regia: Saul Dibb

Soggetto: Irène Némirovsky

Sceneggiatura: Saul Dibb, Matt Charman

Produttore: Romain Bremond, Andrea Cornwell, Michael Kuhn, Xavier Marchand

Fotografia: Eduard Grau

Montaggio: Chris Dickens

Musiche: Rael Jones

Scenografia: Michael Carlin

Cast: Michelle Williams (Lucille Angellier); Matthias Schoenaerts (Bruno von Falk); Kristin Scott Thomas (Madame Angellier); Sam Riley (Benoit); Ruth Wilson (Madeleine Labarie); Lambert Wilson (Visconte de Montmort); Margot Robbie (Celine).

Ispirato al romanzo omonimo scritto durante la guerra da Irène Némirovsky e poi riscoperto per caso e fatto pubblicare dalla figlia, Suite francese racconta una storia d’amore ai tempi dell’invasione tedesca della Francia durante la seconda guerra mondiale. Protagonisti sono la giovane Lucille (Michelle Williams), che vive con l’algida suocera (Kristin Scott Thomas) in attesa che il marito ritorni dal fronte, e il tenente del reggimento tedesco Bruno (Matthias Schoenaerts). I due vengono a contatto perché l’ufficiale è assegnato alla casa degli Angellier, considerata tra le più belle del paesino della campagna francese, Bussy, non lontanissimo rispetto alla capitale occupata dai nazisti.

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Anche gli amori grandi possono finire: recensione ad “Anni felici”

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Anni felici

(Italia; 2013)

Regia: Daniele Luchetti

Soggetto: Daniele Luchetti

Sceneggiatura: Daniele Luchetti, Sandro Petraglia, Stefano Rulli e Caterina Venturini

Produttore: Marco Chimenz, Giovanni Stabilini e Riccardo Tozzi

Produttore esecutivo: Matteo De Laurentiis e Gina Gardini

Fotografia: Claudio Collepiccolo

Montaggio: Francesco Garrone e Mirco Garrone

Musiche: Franco Piersanti

Scenografia: Giancarlo Basili

Costumi: Maria Rita Barbera

Trucco: Elisabetta Flotta, Massimo Gattabrusi e Chiara Ugolini

Cast: Kim Rossi Stuart (Guido); Micaela Ramazzotti (Serena); Martina Gedeck (Helke); Samuel Garofalo (Dario); Niccolò Calvagna (Paolo); Pia Engleberth (Nonna Marina); Benedetta Buccellato (Nonna Marcella); Angelique Cavallari (Michelle); Ivan Castiglione (Sergio); Sylvia De Fanti (Zia Florinda); Francesca Cardinale (Melania); Anna Campori (Bisnonna).

Gli Anni felici del titolo sono quelli dell’infanzia di Daniele Luchetti. I bambini, però, restano sullo sfondo, mentre protagonista indiscusso è l’amore dei due genitori, Guido e Serena, interpretati rispettivamente da Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti. Lui è un artista che non guadagna una lira ed è sempre in mezzo a modelle attraenti; lei, gelosissima, vive solo per lui e non ha altro talento che quello di averlo fatto innamorare. Siamo negli anni Settanta e quindi non è più di moda l’arte figurativa: è il momento della performance art, che coinvolge l’artista in prima persona davanti ad un pubblico in un’azione non tradizionale.

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