Romeo senza Giulietta, ma con un po’ di Corneille: recensione a “Sono pazzo di Iris Blond”

Sono pazzo di Iris Blond | Sky

Romeo (Carlo Verdone) è un musicista di talento (all’inizio della carriera ha partecipato al Cantagiro con una canzone sentimentale dal titolo Bella senza trucco), ma piuttosto sfortunato: lasciato dalla fidanzata con la quale aveva creato una band, comincia a suonare il pianoforte sulle navi da crociera. Una veggente napoletana (Nuccia Fumo, già interprete nella celebre compagnia teatrale di Vincenzo Scarpetta e in sodalizio artistico con Peppino De Filippo, mentre al cinema è ricordata per il ruolo della vecchina ironica, accanto alla sorella, nel film di Luciano De Crescenzo Così parlò Bellavista) gli rivela che nel suo futuro c’è una donna dal nome di un fiore. E così, quando è concupito dall’anziana cantante di Brel Marguerite (Andréa Ferréol, attrice francese, ma molto conosciuta in Italia, dove ha partecipato anche a molti sceneggiati televisivi, da Ligabue a Cuore alla più recente Un medico in famiglia, dove interpreta la tata Antoinette), va a convivere a Bruxelles con lei e il suo terribile cagnetto, dall’inquietante nome di Corneille.

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Le doppie vite di “La La land”

La canzone di Mia e Sebastian

La La Land

(Stati Uniti d’America; 2016)

Regia, soggetto e sceneggiatura: Damien Chazelle

Produttore: Fred Berger, Gary Gilbert, Jordan Horowitz, Marc Platt

Fotografia: Linus Sandgren

Montaggio: Tom Cross

Musiche: Justin Hurwitz

Scenografia: David Wasco

Costumi: Mary Zophres

Cast: Ryan Gosling (Sebastian Wilder); Emma Stone (Mia Dolan); John Legend (Keith); J. K. Simmons (Bill)

Disperato omaggio ad un’arte del passato (dalle riprese di Everybody say I love you di Woody Allen al jazz che la modernità ha trasformato in musichetta da ascensore), La La Land non è stato forse compreso se non come sdrucita storia d’amore, una sorta di Sliding Doors con la seconda parte (della serie: “cosa sarebbe successo se…”) tutta compresa tra il cartone animato e il cinema surrealista, mentre è sì una love story, ma con protagonisti non i due attori (Ryan Gosling ed Emma Stone, che al più potrebbero andare bene per la soap di cui parla con malcelata insoddisfazione Mia Dolan, dalla seconda interpretata, mentre, quando poi la scelgono per un secondo provino, nelle sue parole il serial diventa epigono di Gioventù bruciata, che peraltro lei nemmeno conosce), bensì noi e il passato glorioso di un cinema, di un’arte che gli Stati Uniti hanno saputo creare dal nulla, ormai (sembra) milioni di anni fa, e che non riescono più nemmeno a citare se non la immalincoliscono con qualche sprazzo di rap e hip hop.

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Le droit à l’expression

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Dans un état qui n’a rien à cacher, refuser la liberté d’expression n’a pas de sens. Même si l’opinion d’un simple individu a peu d’importance, il est évident que donner l’opportunité soit à la presse soit aux citoyens de s’exprimer librement ne ruinerait la réputation de personne et soulignerait les problèmes qui autrement resteraient cachés.

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Il concetto di bellezza (nona parte)

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Wilde stabilisce quindi che la funzione dell’artista consiste nella creazione di cose belle e che la sua vita si realizza nella compiutezza dell’opera d’arte. Il critico, dunque, lo scrittore aggiunge, in quanto interprete della creazione artistica, ne potenzia la vitalità e quindi non differisce dall’esteta: la sua ricerca di significati non è altro che un’operazione autobiografica.

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Il concetto di bellezza (ottava parte)

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Nel suo culto del bello artistico, l’esteta è anche l’eccentrico che si diverte ad attirare l’attenzione del pubblico, a colpire la sua morale con i propri comportamenti eccessivi, con la provocazione, con la ricercatezza originale del proprio modo di vestire. Egli dunque ama fare spettacolo della propria diversità per trarne successo. Nemico del pubblico, dispregiatore della massa, costruisce il suo anticonformismo per vedere riconosciuto da quello stesso pubblico, da quella stessa massa il suo successo di artista. Egli, infatti, deve autopromuoversi per vendere i propri prodotti, ma in virtù di questo atteggiamento divistico cade in una contraddizione patente.

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Il concetto di bellezza (quarta parte)

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Nel Medioevo l’arte non viene considerata come un’attività indipendente dalla fede: essa, infatti, è pensata come uno strumento pedagogico che aiuta l’opera educativa della Chiesa. L’arte ha un valore se e solo se svolge bene la sua funzione “didascalica”. La sua bellezza, dunque, serve solo perché aiuta l’uomo a comprendere la bellezza della creazione e a guardare il mondo come manifestazione della grandezza di Dio stesso (sant’Agostino, ad es., sostiene nel De civitate Dei: “la bellezza è davvero un dono di Dio”). I pensatori medievali credono, del resto, che il mondo sensibile sia solo “prefigurazione” del mondo sovrasensibile, che dietro alle apparenze si celi una verità sacra: la sua armonia trova, quindi, secondo loro, il proprio primo e unico fondamento in Dio.

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L’arte della fotografia (nona parte)

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COSA AVREBBE PENSATO FRIEDRICH WILHELM NIETZSCHE DELLA FOTOGRAFIA E L’ESEMPIO DI DIANE ARBUS

1. Il prospettivismo di Nietzsche è nemico della metafisica: il filosofo tedesco ritiene, infatti, che ogni conoscenza non possa trascendere dalla formazione culturale e dai presupposti soggettivi dell’essere umano che cerca di oggettivarla. Similmente a ciò che immaginavano nell’antica Grecia i sofisti, anche Nietzsche è convinto che non esistano fatti puramente oggettivi (la Verità con la maiuscola) né, in ultima analisi, una reale conoscenza delle cose: il principio non vale solo in campo epistemologico, ma anche in quello etico e morale. Se esistono, nel discorso degli uomini, regole (come ad es. quelle che costituiscono il metodo scientifico), in realtà esse sono sempre rimesse in discussione e sottoposte ad un processo di continuo cambiamento, a seconda delle prospettive dei singoli individui (da qui il termine “prospettivismo” coniato, a quanto pare, proprio dal pensatore di Röcken).

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