Aurora corse nel corridoio per prendere il cellulare. Poteva essere l’ospedale, pensò, forse avevano bisogno che andasse a lavorare. Si rese conto di nuovo di quanto il suo appartamento fosse freddo e si chiese perché si fosse dimenticata di indossare la vestaglia e le pantofole. Ignorando il disordine della cucina, cercò nel salotto il telefono che aveva smesso di squillare. “Eccoti”, disse mentre si chinava per sollevarlo dal tappeto.
amnesia lacunare
Amnesia lacunare (seconda parte)
La voce sgradevole di un cantante heavy metal interruppe la fase rem del suo ciclo di sonno. Si tirò su nel letto. Per un momento eterno, restò confusa e spaventata. Diede rapidamente un’occhiata a destra, poi a sinistra. Come se una nuvola di ansia fosse stata sollevata dal suo cervello, emise un lento sospiro di sollievo. “Devo aver sognato”, pensò. Il ronzio irritante della radio offese i suoi nervi uditivi. Spense rapidamente l’allarme, facendo tacere la radio. La radiosveglia segnava le otto del mattino. Era perplessa. Non aveva mai impostato la sveglia nei suoi giorni liberi, pensò, e sicuramente non l’avrebbe mai messa su quella stazione. Fece oscillare le sue lunghe gambe oltre il ciglio del letto.
Amnesia lacunare (prima parte)
Un vento freddo soffiava sulla sua pelle. Piccoli aghi di acqua ghiacciata le punzecchiavano la carne e le colpivano gli occhi. Teneva stretta la sciarpa di lana intorno alla testa, pur sempre cercando di essere ancora in grado di vedere qualcosa. Poteva sentire il profumo del sangue sulle mani. Era un odore stranamente metallico. I suoi piedi sembravano incudini congelate, ma non poteva fermarsi, non ora, non dopo quello che aveva fatto.