Le gioie del matrimonio (parte tredicesima)

“Beh, ma lui è… quella canzone è bella. Non dico che sia bella come lui pensa che sia, ma è bella.”
“Sì,” ammise la donna, a malincuore, “è buona.”
“Allora?”


La donna fece cenno a un cameriere; lui annuì e svanì, ricomparve con un bicchiere gemello di quello che aveva appena svuotato.
“Le parole sono state scritte da una ragazzina francese che era solita pattinare qui lo scorso inverno. Era presa da un ragazzo americano, di Chicago, ora lontano.”
“Ma la musica?”
“C’era una ragazza russa che ballava nel ‘cabaret’ e lei…”
La testa di Annamaria si sollevò con un piccolo sussulto. “Non ci credo!”
“Meglio.” Giovanna fissò Annamaria con uno sguardo assonnato. “Per cosa avete litigato tu e tuo marito, Annamaria?”
Annamaria era furiosa nel sentirsi arrossire. “Oh, niente. Lui… io… era… Dimmi, come facevi a sapere che avevamo litigato?”

E all’improvviso tutta l’apatia della donna grassa le cadde di dosso come un indumento e un po’ d’animazione illuminò il suo viso pesante. Spinse da parte il bicchiere e si sporse in avanti sulle braccia conserte, in modo che il suo viso fosse vicino a quello di Annamaria.
“Annamaria Barale, so che hai litigato e so esattamente di cosa si trattava. Oh, non so proprio di cosa si trattasse, ma il genere di cosa per la quale tu puoi litigare. Farò qualcosa per te, Annamaria, che non mi prenderei la briga di fare per la maggior parte delle donne. Ma immagino che non mi sia ancora tolta tutta la dolcezza del tuo arpeggiare sul piano, anche se è una meraviglia. E immagino di indovinare troppo chiaramente la brava ragazza che eri ai vecchi tempi.”
La “band” intonò una nuova melodia. Gilberto – magro, lucido, agile nel suo abito da sera – comparve con una ragazzina bionda in “chiffon” rosa. La donna si allungò sul tavolo e posò una mano tozza e ingioiellata sul braccio di Annamaria. “Sarà finito in dieci minuti. Ora ascoltami. Ho lasciato il mio primo marito quattro anni fa e non c’è stato un minuto da allora, giorno o notte, in cui non sarei tornata da lui, strisciando sulle mie mani e sulle mie ginocchia, se potessi. Ma non potrei. Lui non mi vorrebbe adesso. Come potrebbe? Come faccio a sapere che hai litigato? Posso vederlo nei tuoi occhi. Sembrano proprio come i miei si sono sentiti per quattro anni, ecco come. Ho incontrato questo ragazzo e non c’era nessuno a fare ciò che io sto cercando di fare per te. Ora senti. Ho lasciato mio marito perché, quando mangiava le pannocchie, chiudeva sempre gli occhi e questo mi faceva impazzire. Non ridere.”
“Non sto ridendo”, rispose Annamaria.

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