Anniversari (undicesima parte)

“Questo è bellissimo”, disse la principessa, dopo una pausa, “ma ora devi ballare per me.”
“Sì”, gridarono tutti i bambini, “devi alzarti e ballare, perché sei intelligente come le scimmie berbere e molto più ridicolo.”
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Anniversari (decima parte)

Ma non era la principessa! Era un mostro, il mostro più grottesco che avesse mai visto. Non propriamente modellato, come lo erano tutti gli altri, ma gobbo e con le membra storte, con un’enorme testa ciondolante e una criniera di capelli neri. Il piccolo Nano si accigliò e anche il mostro si accigliò. Rise il primo e il secondo rise con lui e si tenne le mani lungo i fianchi, proprio come stava facendo lui stesso. Gli fece un inchino beffardo, che quello gli restituì con altrettanto profondo rispetto. Andò verso di lui e quell’altro gli venne incontro, copiando ogni passo che faceva e fermandosi, quando quello si era fermato. Gridò divertito, corse avanti e allungò la mano e la mano del mostro toccò la sua ed era fredda come il ghiaccio. Si spaventò e mosse la mano e la mano del mostro lo seguì velocemente. Cercò di andare avanti, ma qualcosa di morbido e duro lo fermò. Il volto del mostro era ormai vicino al suo e sembrava pieno di terrore. Si scostò i capelli dagli occhi. Lo imitava. Lo colpì e quello restituì colpo su colpo. Lo detestava e gli faceva facce orribili. Si ritrasse.
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Anniversari (nona parte)

Era una sala del trono, usata per ricevere gli ambasciatori stranieri, quando il re acconsentiva a dar loro un’udienza personale, la stessa stanza in cui, molti anni prima, erano apparsi inviati dalla Slovenia per prendere accordi per il matrimonio della loro regina. I tendaggi erano di cuoio dorato e dal soffitto bianco e nero pendeva un pesante lampadario dorato. Sotto un grande baldacchino di stoffa dorata, su cui erano ricamati con perline i leoni e le torri di Casalpusterlegno, si ergeva il trono stesso coperto da un ricco drappo di velluto nero, tempestato di tulipani d’argento e riccamente ornato di argento e perle. Sul secondo gradino del trono era posto l’inginocchiatoio della principessa, con il suo cuscino di panno di tessuto d’argento e sotto ancora e oltre il limite del baldacchino, stava la sedia del confessore, che solo aveva il diritto di essere seduto alla presenza del re in occasione di qualsiasi cerimonia pubblica e il cui cappello cardinalizio, con le sue nappe scarlatte aggrovigliate, giaceva là davanti. Sulla parete, di fronte al trono era appeso un ritratto a grandezza naturale di Carlo il Tardo in abito da cacciatore, con un grande mastino al suo fianco. Tra le finestre c’era un armadio di ebano nero, intarsiato con lastre d’avorio, su cui erano state scolpite le figure della “Danza macabra” di Holbein.
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Anniversari (ottava parte)

Al tempo della vendemmia venivano i pigiatori d’uva, con mani e piedi purpurei, cinti di lucente edera e con otri grondanti di vino; e i carbonai sedevano di notte intorno ai loro enormi bracieri, guardando i ceppi secchi che si carbonizzavano lentamente nel fuoco e le castagne arrostite nella cenere e i ladroni uscivano dalle loro caverne e si divertivano con loro. Una volta aveva anche visto un bellissimo corteo che si snodava lungo la strada polverosa per Bolzano.

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Anniversari (settima parte)

Anche i rettili avevano un’immensa simpatia per lui e, quando si stancò di correre e si gettò sull’erba per riposare, giocarono con lui e cercarono di divertirlo. “Non tutti possono essere belli come una lucertola”, gridavano, “E, anche se sembra assurdo dirlo, in fondo non è poi così brutto, purché, naturalmente, si chiudano gli occhi e non lo si guardi.” I rettili erano estremamente filosofici per natura e spesso sedevano a pensare per ore e ore insieme, quando non c’era nient’altro da fare, o quando il tempo era troppo piovoso per loro per uscire.
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Anniversari (sesta parte)

“È davvero troppo brutto per poter giocare in qualsiasi posto in cui ci troviamo noi”, esclamarono i tulipani. “Dovrebbe bere succo di papavero e addormentarsi per mille anni’, dissero i grandi gigli scarlatti e divennero piuttosto accaldati e arrabbiati.

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Anniversari (terza parte)

Fece una piccola smorfia di disappunto e si strinse nelle spalle. Sicuramente poteva rimanere con lei il giorno del suo compleanno. Che importavano gli stupidi affari di stato? Oppure era andato in quella cupa cappella, dove le candele erano sempre accese e dove non le era mai permesso di entrare? Che sciocco da parte sua, quando il sole splendeva così luminoso e tutti erano così felici! Inoltre, gli sarebbe mancata la finta corrida di cui già suonava la tromba, per non parlare dello spettacolo di marionette e delle altre cose meravigliose. Suo zio e il confessore erano molto più ragionevoli. Erano usciti sul terrazzo e le avevano fatto dei bei complimenti. Allora scosse la graziosa testolina e, preso per mano Giorgio Battista, scese lentamente i gradini verso un lungo padiglione di seta purpurea eretto in fondo al giardino, seguita in rigoroso ordine di precedenza dagli altri bambini, quelli dai nomi più lunghi per primi.
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Anniversari (seconda parte)

Era stata imbalsamata da un medico olandese, al quale in cambio di questo servizio era stata concessa la vita, visto che sarebbe stato fatto fuori perché sospetto di essere un eretico e di praticare la magia, come si diceva al Sant’Uffizio. Il suo corpo giaceva ancora su bara tappezzata nella cappella di marmo nero del palazzo, proprio come l’avevano portata i monaci in quel ventoso giorno di marzo di quasi dodici anni prima. Una volta al mese il re, avvolto in un mantello scuro e con una lanterna smorzata in mano, entrava e si inginocchiava al suo fianco, gridando: “Mia regina! Mia regina!’ e talvolta rompendo l’etichetta formale che governava ogni singola azione della vita e poneva limiti anche al dolore di un re, si aggrappava alle pallide mani ingioiellate in una selvaggia agonia di dolore e cercava di svegliarla baciandole folle il viso dipinto di freddo.

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