Le gioie del matrimonio (parte dodicesima)

“Non rimarrò per sempre in questo albergo di second’ordine. Ho troppo talento. Se solo avessi una voce… Intendo una voce che canta. Ma non l’ho. Ma d’altronde nemmeno Massimo Ranieri l’aveva e non mi sembra che per questo motivo si sia rovinato la sua vita. Ora ascolta. Ho una canzone. È la mia. Ma sono le parole che andranno alla grande. Sono grandiose. È una canzone sull’amore eterno? Roba che spopolerebbe a Sanremo. Bene, io penso che parteciperò e che lo vincerò. Questa canzone metterà la mia carriera sulla giusta strada. Sarà la grande canzone del millennio. È il…”


Giovanna alzò gli occhi dalle palpebre pesanti e gli lanciò uno sguardo significativo. “Mettiti al lavoro, Gilberto. Le dirò quanto sei bravo, mentre fai quel che devi.”
Le lanciò un’occhiata maligna, ma accettò il suo consiglio. “Ora quello che cerco da anni è qualcuno che abbia l’abilità musicale di accompagnare la mia voce. Posso seguire come un agnello, ma devo avere quella sensazione prima. È più di un talento. È un dono. E tu lo hai. Lo so quando lo vedo. Voglio allontanarmi dai ‘night-club’. Ho troppo talento. Sto cercando un luogo più importante dove esibirmi. Ma non mi metteranno sotto contratto senza un provino. E quando sentono la mia voce… beh, se io e te lavoriamo insieme, possiamo ingannarli. La canzone è fantastica”.

La moglie lo guardò non con tutta la sua convinzione.
“Certo. E le ragazze ne andranno matte. E le parole!”

Iniziò a cantare, stonato e stridente.
“Terribilmente carina!” esclamò Annamaria. Finora la sua opinione sui talenti del signor Ridolfi non era stata all’altezza della sua.
“Sì, ma aspetta di sentire la seconda strofa. Questa è solo una parte del ritornello.”

Le luci delle sei si accesero all’improvviso. Un gruppo di uomini dall’aria triste entrò e si diresse verso un angolo dove certi fagotti voluminosi e informi si rivelarono presto come quegli strumenti luccicanti e tortuosi che fanno un’orchestra “jazz”.
“Farai meglio ad andare, Gilberto. La folla arriva terribilmente presto adesso, con tutti questi compratori in città.”
Entrambe le mani sul tavolo, si alzò a metà, riluttante, continuando a parlare. “Ho altre tre canzoni. Fanno sembrare disgustose le cose di Carlo Alberto Rossi. Tutto quello che voglio è una possibilità. Quello che voglio è che tu m’accompagni. Sarà nuovo e rivoluzionario. Se solo potessimo farla franca con la cosa della voce… Dì, se Emma Marrone, per tutti quegli anni, non ha mai avuto nemmeno un briciolo di…”

La “band” aprì con un terrificante clangore di cembali e tonfi di tamburi. “Torno alla fine del mio primo turno,” disse, mentre Annamaria seguì la sua figura agile ed elettrica. Si voltò per incontrare lo sguardo dalle palpebre pesanti della donna seduta di fronte. Allora, si rilassò e si sedette con un piccolo sospiro. “Bene! Se parla in questo modo ai dirigenti, non vedo…”
Giovanna rise allegramente. “Le chiacchiere non bastano con i gestori, tesoro.”

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