Anniversari (seconda parte)

Era stata imbalsamata da un medico olandese, al quale in cambio di questo servizio era stata concessa la vita, visto che sarebbe stato fatto fuori perché sospetto di essere un eretico e di praticare la magia, come si diceva al Sant’Uffizio. Il suo corpo giaceva ancora su bara tappezzata nella cappella di marmo nero del palazzo, proprio come l’avevano portata i monaci in quel ventoso giorno di marzo di quasi dodici anni prima. Una volta al mese il re, avvolto in un mantello scuro e con una lanterna smorzata in mano, entrava e si inginocchiava al suo fianco, gridando: “Mia regina! Mia regina!’ e talvolta rompendo l’etichetta formale che governava ogni singola azione della vita e poneva limiti anche al dolore di un re, si aggrappava alle pallide mani ingioiellate in una selvaggia agonia di dolore e cercava di svegliarla baciandole folle il viso dipinto di freddo.

Oggi gli sembrava di rivederla, come l’aveva vista per la prima volta al castello di Frattamaggiore, quando lui aveva solo quindici anni e lei ancora più giovane. Erano stati formalmente fidanzati in quell’occasione dal nunzio apostolico alla presenza della corte sabauda e dell’imperatore d’Austria: egli era tornato in patria portando con sé un piccolo ricciolo di capelli biondi e il ricordo di due labbra infantili che si chinavano per baciargli la mano, mentre saliva in carrozza. In seguito era avvenuto il matrimonio, celebrato frettolosamente a Casalpusterlegno, cittadina al confine tra i due paesi, e il grande ingresso del pubblico con la consueta celebrazione della messa solenne nella chiesa cattedrale.

Certamente l’aveva amata follemente e fino alla rovina, molti pensavano, del suo paese, allora in guerra con lo Stato Pontificio per il possesso delle saline di Comacchio. Non l’aveva quasi mai lasciata sola: per lei aveva dimenticato, o sembrava aver dimenticato, tutti i gravi affari di stato; e, con quella terribile cecità che la passione porta ai suoi servitori, non si era accorto che le elaborate cerimonie con cui cercava di compiacerla non facevano che aggravare la strana malattia di cui soffriva. Quando morì, per un po’ fu come privo di ragione. Non c’è dubbio, infatti, che avrebbe abdicato formalmente e si sarebbe ritirato nel grande monastero trappista di Ferrara, di cui era già priore titolare, se non avesse avuto paura di lasciare la piccola principessa in balia del fratello, la cui crudeltà era nota. Egli era sospettato da molti di aver causato la morte della regina per mezzo di un paio di guanti avvelenati che le aveva regalato in occasione della sua visita al suo castello in Boemia. Anche dopo lo scadere dei tre anni di lutto pubblico che aveva ordinato per editto regio in tutti i suoi domini, non avrebbe mai permesso che i suoi ministri parlassero di alcuna nuova alleanza e, quando lo stesso imperatore gli offrì la mano della bella arciduchessa di Slovacchia, sua nipote, ordinò agli ambasciatori di dire al loro padrone che il re era già sposato con il dolore e che, sebbene fosse una sposa sterile, l’amava più della bellezza: una risposta che costò alla sua corona le ricche province di Verona, che poco dopo, su istigazione dell’imperatore, si ribellò contro di lui sotto la guida di alcuni fanatici della Chiesa riformata.

Tutta la sua vita coniugale, con le sue gioie feroci e la sua terribile agonia, sembrava tornargli in mente oggi, mentre guardava la principessa che giocava sulla terrazza. Aveva tutta la graziosa petulanza dei modi della regina, lo stesso modo ostinato di scuotere la testa, la stessa bella bocca orgogliosa e curva, lo stesso meraviglioso sorriso, mentre di tanto in tanto alzava lo sguardo alla finestra o tendeva la manina, perché i maestosi gentiluomini la baciassero. Ma le risate stridule dei bambini gli facevano male alle orecchie e la splendente e spietata luce del sole si faceva beffe del suo dolore, un sordo odore di strane spezie, spezie come quelle usate dagli imbalsamatori, sembrava contaminare – o era fantasia? – l’aria limpida del mattino. Seppellì il viso tra le mani: quando la principessa alzò di nuovo lo sguardo, le tende erano state tirate e il re si era ritirato.

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