Rideamus igitur VIII

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Caesar victor a bello Gallico redit. In Gallia, post multas pugnas, Vercingetorigem vicit et eius exercitum. Caesar cum legionibus suis ad Rubiconem appropinquat. Romam vult introire cum exercitu suo, sed introire in urbem cum armis vetatur. Antequam flumen transiret, dicit: “Alea iacta est”. Tum centurio censet id esse iussum et aleam in flumen iacit. Caesar stupefactus non scripsit de hoc casu in suo tractatu “De bello Gallico”.

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Come un fiore

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Catullo, Carmina 11

Furi et Aureli comites Catulli,
sive in extremos penetrabit Indos,
litus ut longe resonante Eoa
tunditur unda,
sive in Hyrcanos Arabesve molles,
seu Sagas sagittiferosve Parthos,
sive quae septemgeminus colorat
aequora Nilus,
sive trans altas gradietur Alpes,
Caesaris visens monimenta magni,
Gallicum Rhenum horribile aequor ulti-
mosque Britannos,
omnia haec, quaecumque feret voluntas
caelitum, temptare simul parati,
pauca nuntiate meae puellae
non bona dicta.
cum suis vivat valeatque moechis,
quos simul complexa tenet trecentos,
nullum amans vere, sed identidem omnium
ilia rumpens;
nec meum respectet, ut ante, amorem,
qui illius culpa cecidit velut prati
ultimi flos, praetereunte postquam
tactus aratro est.

“Furio e Aurelio, compagni di Catullo,

sia che penetrerà tra gli Indiani posti ai limiti del mondo,

dove la spiaggia è colpita dall’onda occidentale

che risuona da lontano,

sia tra gli Ircani e gli Arabi effemminati,

sia tra i Sagi o i Parti portatori di frecce,

sia alle acque che colora

il Nilo dalle sette bocche,

sia che supererà le alte Alpi,

per vedere i ricordi del grande Cesare,

e il Reno gallico orribile acqua

e gli ultimi Britanni,

tutte queste cose, qualunque porterà la volontà

degli dei celesti, preparati insieme a tentare,

annunciate alla mia ragazza poche parole

non buone.

Viva e stia bene con i suoi amanti,

che insieme abbracciandone trecento ne tiene,

nessuno amando veramente, ma continuamente di tutti

rompendo i fianchi;

e non aspetti il mio amore come prima

il quale per colpa di lei cadde come un fiore

dell’ultimo lembo di un prato, dopo che è stato toccato

dall’aratro che passa”.

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O Catullo, tu che tanto mi hai amata, tu che tanto mi hai ferita, ora ascolta le mie parole che vengono dall’anima. Ripenso a tutti i giorni passati insieme e ora, solo ora, dopo tanto tempo, ho capito che il mio cuore è come un oceano, che non può contenere una sola goccia d’acqua: il mio animo immenso ha bisogno di essere amato, e l’affetto di un solo uomo non basta.

Ora tu intendi come la nostra storia mi sia ancora cara, come la luce lo è per il fiore purpureo che senza di essa è destinato a morire. Io lessi le tue lettere e piansi: come ho potuto io causare un simile dolore?

Ti perdono, dunque, o amato mio, per le tue parole amare, perché io, che sono così benevola, ho deciso di dimenticare il passato per riunire i pezzi del nostro amore infranto.

Emma Manzani

E’ la seduzione, bellezza (prima parte)

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INTRODUZIONE

Di seduzione si comincia a parlare fin dalla mitologia greca, nella quale le creature ammalianti per eccellenza sono le Sirene, che col loro canto portano al naufragio gli incauti marinai (come si vede nell’episodio odissiaco dell’incontro tra queste creature e l’equipaggio di Ulisse).

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