Catullo, Carmina 51
Ille mi par esse deo videtur,
ille, si fas est, superare divos,
qui sedens adversus identidem te
spectat et audit
dulce ridentem, misero quod omnis
eripit sensus mihi: nam simul te,
Lesbia, aspexi, nihil est super mi
* * * * * * * *
lingua sed torpet, tenuis sub artus
flamma demanat, sonitu suopte
tintinant aures, gemina teguntur
lumina nocte.
otium, Catulle, tibi molestum est:
otio exsultas nimiumque gestis:
otium et reges prius et beatas
perdidit urbes.
“Mi sembra che lui sia simile ad un dio,
che lui, se è lecito, superi gli dei,
lui che sedendo davanti a te continuamente
ti guarda e ascolta
mentre ridi dolcemente, ciò che a me misero
strappa tutti i sensi: infatti, non appena io ti
vidi, Lesbia, niente resta in me
…
ma la lingua è intorpidita, sottile sotto le articolazioni
si diffonde una fiamma, di un suono spontaneo
tintinnano le orecchie, gli occhi sono coperti
da una duplice notte.
L’ozio, Catullo, ti è molesto:
a causa dell’ozio tu ti esalti e troppo smani:
l’ozio ha già perduto prima e re
e felici città”.
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O Catullo mio,
avessi saputo o capito quanto era grande il tuo amore, avrei intrapreso diverse strade e il mio cuore avrebbe potuto quietare con il tuo. Ecco perché a malincuore ti scrivo ora questa lettera, annunciandoti che io appartengo già ad un altro uomo.
Ma nessuno potrà mai spegnare il mio amore e quella passione che tra noi quella notte si creò. Ricordo ancora i tuoi occhi colmi di gioia e luccicanti come gli astri nella galassia, la tua bocca che aveva quel sapore di casa e che mi faceva sentire protetta, cosa che nessun altro uomo mi ha mai fatto provare.
Catullo, mio adorato, se solo avessi saputo o capito quanto era grande il tuo amore.
La tua amata.
Sofia Caddeo